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Ricorso Espropriazione Illegittima

esproprio terreno agricolo ricorsoQuesta è la storia di un terreno agricolo dall'importante valore commerciale, ereditato da una signora dal defunto padre.

L'assistita è determinata a conservare il bene e a venderlo solo quando questo dovesse essere dichiarato - dai competenti strumenti urbanistici comunali - edificabile. Insomma, Silvia intende investire a lungo termine su tale fondo perchè tale era anche la volontà di suo padre.

Espropriazione per costruzione scuola pubblica

Purtroppo, dopo qualche anno dal lascito del padre, il Comune decide di iniziare una procedura di espropriazione per pubblica utilità, per acquisire l’immobile.

La Pubblica Amministrazione, infatti, intende utilizzare il terreno di Silvia per costruire una scuola.

Alla donna infatti viene notificato, da parte del Comune in cui risiede, l’avviso di avvio del procedimento di espropriazione.

Indennità di esproprio esigua rispetto al valore commerciale

Silvia non è affatto contenta di quanto sta avvenendo perché immagina che l’indennità di esproprio, che le sarà riconosciuta dal Comune per l’acquisizione del terreno agricolo di sua proprietà, non potrà mai ripagarla della cifra che potrebbe ottenere laddove aspettasse che il terreno diventi edificabile.

Dichiarazione di pubblica utilità terreno agricolo

Nel frattempo, però, la procedura amministrativa di esproprio avanza e il Comune, dopo l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, procede anche con la dichiarazione di pubblica utilità.

Ormai, quindi, manca solo un ultimo step al completamento della procedura di espropriazione del terreno di Silvia, e cioè l’adozione del decreto di esproprio.

Inizio dei lavori pubblici in mancanza di decreto di esproprio definitivo

Il Comune, però, decide di cominciare e portare avanti i lavori di costruzione della scuola e questo fa cadere ancora di più la donna - inconsapevole della normativa applicabile a quanto sta avvenendo - nello sconforto.

Assistenza Legale Ricorsi avverso Espropriazione illegittima

Dopo qualche mese Silvia, quindi, si decide a rivolgersi all’Avvocato, che verifica subito la correttezza di tutto il procedimento amministrativo portato avanti dal Comune.

Il legale fa subito notare alla donna che, però, la Pubblica Amministrazione procedente, ha commesso un errore, in quanto ha cominciato i lavori di costruzione della scuola dopo che la dichiarazione di pubblica utilità era diventata inefficace, dal momento che erano inutilmente decorsi i termini fissati per la realizzazione dell’opera, senza l’emanazione del decreto di esproprio.  

Secondo l’avvocato amministrativista, quindi, ci sono gli estremi per presentare ricorso al TAR e chiedere la restituzione dell’immobile.

Con il ricorso presentato davanti al Tribunale Amministrativo del Lazio, si fa leva proprio sulla circostanza che, al provvedimento con cui era stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera da eseguire, non era poi seguita, nei termini stabiliti dallo stesso provvedimento, l’adozione del decreto di esproprio.

L’avvocato, infatti, fa notare che, stante quanto stabilisce l’articolo 8 del Testo Unico Espropri, il decreto di esproprio può essere emanato qualora: l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale o in un atto di natura ed efficacia equivalente e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio, quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità e quando – infine – sia stata determinata anche provvisoriamente l’indennità di esproprio.

Tale norma va letta in combinato disposto con l’articolo 13 del T.U. E., che al n.3 e al n. 6 stabiliscono rispettivamente che: “Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato” e che “La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità”. 

Ebbene, la difesa di Silvia nel ricorso insiste proprio sulla circostanza che nel provvedimento con cui il Comune aveva dichiarato la pubblica utilità dell’opera da realizzare  - la scuola – era indicato il termine entro cui andava adottato il decreto di esproprio, ma tale termine era decorso inutilmente e quindi la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera – che è presupposto indefettibile a norma dell’articolo 8 del Testo Unico Espropri per la validità del procedimento di espropriazione per pubblica utilità – era diventata inefficace.

Nonostante ciò – e quindi in palese contrasto con tale normativa e senza titolo legittimante idoneo – il Comune aveva portato a termine i lavori.

Data l’illegittimità dell’azione amministrativa, quindi, lo studio legale amministrativista chiede in primo grado la restituzione del bene e, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente laddove la prima non fosse stata riconosciuta.

La difesa legale del Comune

Il Comune resistente in giudizio eccepiva che la restituzione dell’immobile alla signora Silvia non era possibile in quanto le modifiche apportate al bene erano ormai irreversibili.

In altre parole, non era possibile restituire il terreno alla donna, perché la costruzione della scuola era stata quasi ultimata.

Per corroborare la sua tesi il Comune, attraverso la sua difesa, richiamava una più risalente giurisprudenza secondo cui gli immobili espropriati dalla pubblica amministrazione ed irreversibilmente modificati potevano essere acquisiti in virtù della cosiddetta “occupazione acquisitiva” o “appropriativa”, istituto di creazione giurisprudenziale che consisteva nell’acquisto della proprietà del suolo da parte della P.A. che lo avesse illegittimamente occupato ed irreversibilmente trasformato con la realizzazione dell’opera.

Il Tribunale accoglie le tesi dell'Avvocato

Il TAR, però, rifiuta la ricostruzione proposta dal legale del Comune e dà ragione alla ricorrente.

In merito alla occupazione acquisitiva, il TAR riprende una più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sezione II, Sentenza 17 maggio 2019, n. 3195), secondo cui, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, non può operare nel nostro ordinamento alcun trasferimento di proprietà in assenza di titolo legittimo, pena il contrasto con la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che tutela anche il diritto di proprietà.

Ciò vale anche per le pubbliche amministrazioni, per cui deve essere negata l’ammissibilità dell’istituto dell’occupazione acquisitiva nel nostro ordinamento e ciò anche quando l’immobile sia stato irrimediabilmente trasformato.

Unica eccezione, secondo il Consiglio di Stato - ripreso dal TAR nella vicenda in oggetto - le specifiche ipotesi previste dall'articolo 42-bis del Testo Unico Espropri n. 327 del 2001, di “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”, il cui procedimento, nel caso di Silvia, in base agli atti di causa, però, non risultava avviato dal Comune.

Il TAR concludeva, dunque, che nel caso di specie non si può essere verificato alcun trasferimento della proprietà a favore della pubblica amministrazione procedente, data l’assenza di un titolo (il decreto di esproprio) legittimo, con la conseguenza che il Comune espropriante è obbligato a restituire il bene illegittimamente acquisito, e ciò anche se il bene è stato irrimediabilmente trasformato.

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