Licenze Somministrazione Alimenti e Bevande a Roma - Street Food
A Roma è usuale vedere stand di street food autorizzati tramite licenza/concessione, presso cui è possibile acquistare cibi e bevande da asporto. Ma è davvero tutto ora quello che luccica?
Lo street food nell’antica Roma
Chi non ama la terminologia straniera, lo chiama “cibo da strada”, ma il termine più conosciuto è quello anglo-americano “street food”; si tratta di quegli alimenti, già pronti per il consumo, venduti (e spesso anche preparati) in strada o in altri luoghi pubblici, per lo più da commercianti ambulanti su furgoni o carretti ambulanti.
Era, questa, un’usanza già nota ai tempi degli antichi romani, quando i commercianti e, più in generale, i viaggiatori, avevano l’esigenza di rifocillarsi velocemente, per poi ripartire.
Oltre alle “cauponae” e alle “tabernae”, dove i passanti compravano o consumavano bevande fresche o vino caldo, nella Roma dell’antico impero, esistevano anche numerosi venditori ambulanti che vendevano cibi frugali da asporto.
Questi venditori erano chiamati “lixae” ed esibivano le vivande su piccole bancarelle in strada o altri luoghi pubblici.
Spesso, presso questi punti, acquistavano anche i romani, e non solo i viaggiatori di passaggio, perché all’epoca non tutti i romani avevano in casa una cucina, quindi l’alternativa erano le taverne e le altre locande oppure proprio le bancarelle presso cui acquistare quello che oggi chiamiamo “street food”.
Lo street food a Roma - concessioni
A Roma, un’apposita normativa regola la commercializzazione dello street food.
L’attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione d’alimenti e bevande effettuate su aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il Comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte, infatti, è disciplinata dal DLgs 114/98 e dalla Legge Regionale n. 33/99.
Secondo quanto disposto dall’articolo28 del D Lgs 114/98, il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto sia su posteggi dati in concessione che in forma itinerante.
La normativa, quindi, distingue tra attività svolta su posteggi dati in concessione e attività svolta in forma itinerante.
In materia dispone anche il "Nuovo Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche”, così come modificato e ripubblicato integralmente con Deliberazione A.C. n. 29 del 28 marzo 2018, che dispone che l’attività di vendita in forma itinerante può essere esercitata, senza posteggio, su qualsiasi area ove tale attività non sia espressamente vietata.
E, infatti, l’articolo 40 di questo stesso Regolamento prevede che, in alcune zone della città, per motivi di tutela storica, artistica, archeologica e ambientale e per motivi di sicurezza, il commercio in forma itinerante è vietato (ad esempio nei territori dei Municipi I e II, nelle Stazioni della Metro e delle Ferrovie fino a una distanza di 200 mt. dagli accessi delle stesse, a meno di mt. 200 dalle sedi istituzionali e dalle aree sottoposte a vincolo ai sensi del Codice dei beni culturali e ambientali, ed in tutte le zone sottoposte a vincoli di tutela compresi quelli riguardanti siti di interesse religioso).
Inoltre la vendita itinerante è consentita esclusivamente con veicolo omologato per il trasporto delle merci e la sosta di detto veicolo è consentita solo per il tempo necessario a consegnare la merce e a riscuotere il prezzo di vendita.
Ancora, è vietata la vendita in forma itinerante attraverso l'uso di banchi (aperti fissi o muniti di ruote) e l'esposizione della merce esternamente al veicolo (dato che tale attività rientra in quella subordinata al rilascio di concessione).
A Roma, quindi, la vendita itinerante di street food è sottoposta a rigide limitazioni, e questo accade anche in altri comuni, che hanno adottato nel tempo ordinanze talvolta fortemente limitanti, tanto da spingere i commercianti a ricorrere all’autorità giudiziaria.
Le singolari ordinanze sulla vendita dello street food
Nel tempo sono state adottate ordinanze a dir poco singolari concernenti la vendita itinerante di street food.
Ad esempio proprio a Roma, non troppo tempo fa, si è imposto ai pastifici di poter preparare “vari tipi di pane e grissini” e “pizza e focacce tipiche di panificazione sia bianche (semplici o condite con olio e rosmarino) sia rosse (condite al pomodoro ed olio) e di pasticceria secca”.
Quindi, sostanzialmente, vietando la mozzarella sulla pizza!?
“Non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente”, si leggeva, continuando, nell’ordinanza incriminata.
Con le giustificabili perplessità da parte dei commercianti romani.
Altro esempio, altra singolarità: nella vicina isola d’Elba i venditori itineranti avevano manifestato avverso un’ordinanza che stabiliva che i venditori ambulanti di street food non potevano sostare per più di un’ora nel medesimo luogo e dovevano spostarsi almeno di 200 metri senza tornare poi al medesimo punto o area, nel resto del giorno. Lo stesso provvedimento, poi, aveva vietato la loro presenza in concomitanza di fiere e mercati settimanali e aveva stabilito che gli ambulanti dovevano in ogni caso sostare solo temporaneamente oltre 500 metri da tali eventi pena la comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (dai 250 ai 1500 euro).
Cosa fare in questi casi, allora?
Unica soluzione possibile: presentare ricorso al Tar competente per territorio.
E, a questi l’ardua sentenza!