Risarcimento danni operazione al cuore che degenera in infezione
Le condizioni di vita generali sono fortemente migliorate e gli scienziati assicurano che prima dei 75 anni una persona in buona salute non può dirsi anziana.
In effetti, quella che fino a qualche decennio fa era la cosiddetta terza età ora spesso è un punto di svolta.
Con la pensione arriva anche molto tempo libero e la disponibilità ad iniziare nuove esperienze.
Si moltiplicano club e corsi organizzati appositamente per chi decide di promuovere i propri interessi prima celati a causa del lavoro o degli impegni famigliari.
Dalla lettura alla pittura, viaggi e corsi di ginnastica dolce, o semplicemente il gusto di prendersi cura del proprio fisico con maggiore attenzione sono ormai traguardi alla portata di molti settantenni.
Operazione al cuore
Una signora di Roma, in discreta salute, è in questa fase della vita dove si ama dedicare energie ai nipoti, ai figli ma anche a se stessi.
Il piccolo problema al cuore che per tutta una vita è riuscita a tenere sotto controllo, arrivata all’età di 72 anni, dovrà essere risolto una volta per tutte.
Non si tratta di nulla di particolarmente grave, ma richiede comunque un ricovero e una operazione chirurgica; dopodiché potrà tornare alle sue faccende quotidiane e agli incontri con le amiche.
Per questo, quando arriva il giorno prestabilito nell’autunno del 2015, la signora si reca nell’ospedale di Roma che la tiene in cura, accompagnata dal figlio.
Terminata l’accettazione, entra in camera salutando le compagne e si accomoda sul letto dopo aver sistemato tranquilla il comodino e l’armadietto.
L’intervento è programmato per l’indomani, gli esami di routine sembrano a posto e non c’è motivo per temere un destino che invece ha deciso di lasciare il segno.
Infezione nosocomiale da klebsiella pneumonie
All’arrivo dei mesi più freddi dopo l’estate è piuttosto comune che inizino a serpeggiare i primi sintomi influenzali.
Alcuni pazienti del reparto di cardiochirurgia, presenti durante la degenza della signora, sono alle prese con l’influenza che in qualche caso si sono trasformate in acute forme infettive portandoli al decesso.
In quei giorni la signora viene operata ma il decorso post-operatorio, che avrebbe dovuto essere ordinario, vira al peggio e nel giro di qualche giorno torna nuovamente sotto i ferri.
L’operazione si rende necessaria perché si avvedono che la signora ha i polmoni pieni di liquido e non è in grado di respirare.
Per quasi due mesi la signora rimane a letto, preda di sofferenze che i medici pongono in relazione a diverse infezioni di origine nosocomiale.
Al cinquantesimo giorno di ricovero, la signora muore per shock settico per Infezione nosocomiale da klebsiella pneumonie.
Il dolore della famiglia
I famigliari che non erano certo preparati per un decorso infausto, si trovano a fare i conti con un lutto quasi improvviso.
Quasi, perché subito dopo il ricovero era già anormale che la loro madre e nonna non riuscisse a respirare bene e avesse la febbre così alta.
L’impotenza che li ha dominati, non sapendo a che cosa attribuire quello stato di salute così peggiorato, ha ancor di più alimentato il loro desiderio di avere giustizia.
Non si potevano rassegnare ad aver perso una signora che aveva ancora tanto da dare, sempre piena di energia e positività, pronta ad accudire i nipoti tutte le volte che ne avevano bisogno e a prendersi cura dei figli che, seppur grandi, non smettono mai di avere bisogno della figura materna.
È impensabile per i famigliari accettare la situazione senza tentare di far luce sulle cause dell’infezione, e per questo si rivolgono ad un Avvocato esperto.
Se mai dovesse emergere che la morte è avvenuta a causa di malasanità, per poter alleviare il dolore non resterebbe altro che ottenere giustizia.
Valutazione del danno - Avvocato infezione klebsiella pneumonie
Rivoltisi ad un avvocato esperto in risarcimento conseguente al danno alla salute e alla vita a causa di imperizia e negligenza medica, i famigliari espongono la vicenda, facendo presente come le condizioni di entrata della donna e il tipo di intervento cui si è sottoposta, non potevano lasciar immaginare che contraesse una infezione.
L’ardua prova della responsabilità dell’ospedale
Dovendo dimostrare la colpa dei sanitari che si sono occupati della donna, è stato necessario affidarsi ad un medico legale in grado di valutare la situazione sia sotto il profilo clinico, e dunque se la malattia poteva ragionevolmente portare alla morte, che sanitario, accertando eventuali elementi di responsabilità nella gestione ospedaliera della ricoverata.
Il percorso giudiziario è stato lungo e faticoso, con l’ospedale che in tutti i modi ha tentato di attribuire la causa della morte al naturale, seppur raro, decorso di una operazione cardiochirurgica.
Perforazione Aorta ed infezione klebsiella pneumonie
La perizia non ha lasciato scampo all’ospedale che viene condannato ad un risarcimento record dal Tribunale di Roma in favore dei familiari.
Complessivamente 843 mila euro per compensare la perdita di una signora ancora vitale che è arrivata al decesso dopo quasi due mesi di agonia. Il medico legale ha dimostrato che la morte poteva essere evitata se non vi fosse stata imperizia e negligenza dei sanitari.
Ed infatti, durante la seconda operazione all’addome, i medici le hanno perforato l’aorta polmonare.
Nel periodo successivo, la donna contrae una infezione da klebsiella pneumonie che la manda in setticemia.
Il suo organismo non riesce a reggere lo stress provocato dall’aggressione del batterio e soccombe allo shock settico.
La signora si è ricoverata senza alcuna evidenza di infezioni in corso ma già pochi giorni dopo l’ingresso in ospedale, i valori del sangue risultavano fortemente alterati.
È mancata, secondo il perito nominato dal Tribunale, la prova che l’ospedale abbia adottato tutte le precauzioni necessarie per ridurre al minimo i rischi di un’infezione nei confronti di una paziente che aveva pur sempre le difese immunitarie indebolite.
Lo stesso Ospedale ha tipizzato il batterio killer
Paradossalmente, la vittima che ha perso la vita nell’ospedale romano, viene dalla stessa regione che ha isolato e tipizzato per la prima volta in Italia il batterio killer che l’ha uccisa, il klebsiella pneumoniae.
Grazie a questa scoperta messa a punto da ricercatori, in un altro caso si è potuto salvare un paziente ricoverato in un ospedale del capoluogo che versava in condizioni gravissime a causa della formidabile resistenza del batterio a tutti gli antibiotici disponibili.