Risarcimento Danni Stafilococco Pseudomonas aeruginosa
È purtroppo un racconto sempre più frequente quello della negligenza dell’ambiente ospedaliero a causa di infezioni nosocomiali, anche da Stafilococco.
Almeno questa è la percezione che si ottiene ascoltando i pazienti che lamentano dei danni subiti da sanitari e aziende a causa del decesso o delle lesioni permanenti riportate dai malcapitati.
Non sempre tali situazioni sfociano in processi o accordi con le assicurazioni, quando i clienti arrivano da noi molto spesso ci spiega che non riesce a coprire i costi degli Avvocati a parcella, e dunque vorrebbe fermarsi.
Non è questo il caso di un anziano signore di 77 anni ricoverato presso una Casa di Cura privata romana. Ha diverse patologie importanti del sistema cardiaco e deve sottoporsi ad un intervento chirurgico di sostituzione della valvola aortica e dell’aorta ascendente.
Nonostante i rischi collegati alla delicatezza dell’operazione, l’esito è positivo e il paziente viene trasferito, per smaltire le fasi immediatamente successive all’intervento, nel reparto di Terapia Intensiva dapprima e nel U.O.C. di Cardiochirurgia poi.
Una volta dimesso dalla Casa di Cura, il paziente viene indirizzato in un apposito Istituto per la gestione della fase subacuta e la riabilitazione cardiologica.
La ferita chirurgica infetta
Il giorno stesso del ricovero presso l’Istituto, gli infermieri che hanno preso in carico il paziente notano una secrezione fuoriuscire dalla ferita che gli era stata praticata all’altezza dello sterno durante l’operazione.
Viene fatto un esame del siero e si scopre che la ferita è infetta dal batterio Staphylococcus epidermidis. La direzione dell’Istituto di riabilitazione dispone il trasferimento urgente dell’anziano presso la Casa di cura dove era stato operato e dopo un paio di settimane dal ricovero, un altro tampone evidenzia una elevatissima concentrazione del batterio Pseudomonas aeruginosa, presente nell’apparato respiratorio e urinario.
Nel giro di qualche settimana, gli organi già deboli dell’anziano soccombono definitivamente alla infezione e ne viene constatato il decesso.
Già da una analisi superficiale della vicenda, sembra verosimile che l’infezione fatale per l’anziano sia stata contratta nell’ospedale dove era stato operato.
Quindi, il caso potrebbe essere annoverato tra le molteplici ipotesi di malasanità che spesso derivano proprio da casi di infezioni ospedaliere.
Prima di poter avanzare richieste risarcitorie all’Ospedale, è opportuno essere sicuri della effettiva responsabilità della struttura e del personale sanitario che ha gestito l’ammalato e soprattutto che non siano state adottate tutte le necessarie misure preventive.
La c.d. Legge Gelli ha introdotto la possibilità di risolvere i casi di malasanità mediante la mediazione eseguita dagli Avvocati, durante la quale le parti confrontano le reciproche posizioni e cercano bonariamente un accordo (non sempre fattibile).
In questo caso invece si preferisce un accertamento tecnico preventivo.
Avvocato accertamento tecnico preventivo
La strategia legale impostata dall’avvocato punta tutto sulla negligenza ospedaliera e ricorre ex art. 696 bis c.p.c. davanti al Tribunale, chiedendo in forma di tutela preventiva la nomina di un perito imparziale che valuti l’entità della responsabilità e del danno, in contraddittorio con i tecnici nominati dalle parti.
Invece di proseguire con il giudizio di merito, le parti hanno aderito alla proposta conciliativa suggerita dal Tribunale.
In questo caso, dopo essersi pronunciati il perito incaricato dall’Avvocato dei familiari della vittima, quello dell’Ospedale e il CTU nominato dal Tribunale, sono state prodotte nel giudizio di merito le varie determinazioni riguardo la responsabilità del nosocomio.
Mentre il perito dell’Ospedale nega la ricorrenza di una responsabilità, statuendo che il batterio era presente nel paziente già al momento del ricovero che comunque non vi sono prove che sia stato contratto nell’ambiente ospedaliero, mancando un riferimento temporale e anche una descrizione di quale possa essere la manovra negligente, il perito nominato dai familiari insiste nella tesi di una negligenza rapportata non ad un singolo intervento, ma ad una serie di condotte.
Sia nella scelta della farmacologia associata all’infezione, sia nella scarsa accuratezza ravvisata nelle manovre di medicazione e monitoraggio della ferita, il perito di parte ravvisa una responsabilità globale.
Proposta Transattiva responsabilità medica
Il Giudice formula una proposta transattiva ma riconosce la responsabilità dei medici.
Il Giudice ha ritenuto equa la somma di € 750.000,00 a titolo di risarcimento in favore dei familiari della vittima di 77 anni, deceduta a causa di infezione correlata all’assistenza sanitaria in ambito di cardiochirurgia.
Per riconoscere la responsabilità dell’ospedale, il Giudice ha accolto le tesi del perito d’ufficio che ha confermato tutti i profili di responsabilità medica addebitati alla struttura sanitaria ravvisando il nesso di causalità tra trattamento clinico e decesso.
Le principali carenze assistenziali evidenziate dal Giudice nell’ordinanza ex art. 185 bis cpc riguardano:
- la sottovalutazione del rischio infettivo, alla luce della elevata comorbilità del paziente, e dell’intervento cui lo stesso doveva essere sottoposto;
- l’inidoneità della profilassi antibiotica attuata, unicamente rivolta a una sola tipologia di batteri, lo sviluppo di una infezione palesemente correlata all’assistenza;
- la sospensione della terapia antibiotica pur nello stato di avanzamento della infezione;
- la precoce dimissione del paziente;
- la mancanza di medicazione, cura e monitoraggio della ferita chirurgica;
- la omessa richiesta di una consulenza infettivologica anche allo scopo di diagnosticare la tipologia di batteri e trovare la terapia antibiotica più appropriata;
- la tardività della diagnosi di broncopolmonite infettiva.
Mancata attuazione delle linee guida contro le infezioni ospedaliere
Il Giudice ha altresì rilevato che l’Ospedale non è riuscito a dimostrare di aver dato concreta attuazione a tutte quelle linee guida di cui l’Ospedale è dotato, non essendo stato depositato alcun registro giornaliero di disinfestazione e pulizia dell’ambiente operatorio, né alcuna delle campionature che bisogna effettuare per controllare l’efficacia delle misure di prevenzione adottate.
Inoltre, il Comitato Infezioni Ospedaliere interno alla struttura aveva un ruolo meramente formale e comunque operava in modo manifestamente inidoneo ad assolvere le funzioni di prevenzione, organizzazione, formazione del personale, verifica dell’effettiva applicazione dei programmi e controllo della loro efficacia.
Pertanto, secondo le tabelle redatte dal Tribunale di Roma (2018) per la perdita del rapporto parentale, il Giudice ha proposto all’Ospedale, in favore dei congiunti, il pagamento di € 290.000,00 alla moglie, di € 250.000,00 alla figlia convivente e di € 210.000,00 al figlio non convivente, oltre alle spese di lite e di C.T.U.
Avvocato Responsabilità medica
Il Tribunale riconosce anche la responsabilità della struttura sanitaria
Il Tribunale ha così sancito la responsabilità della struttura sanitaria a titolo contrattuale per i danni patiti dal paziente, stabilendo in linea di principio, che la struttura ne risponde per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall'inadeguatezza della struttura, o per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui l'ospedale si avvale.
Infatti, la struttura risponde davanti al paziente anche del fatto proprio del medico, e in forza del rapporto interno che intercorre tra la struttura sanitaria e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest'ultimo, come da principio consolidato in giurisprudenza - deve essere ripartita in misura paritaria secondo il principio per cui la struttura accetta il rischio connaturato all'utilizzazione di terzi per l'adempimento della propria obbligazione contrattuale.
Responsabilità anche per i non dipendenti
Questa forma di responsabilità solidale tra medico e struttura, per cui quest’ultima risarcisce i danni dei medici che fanno parte del suo organico grazie a un contratto che prevede la copertura dei rischi connessi alla responsabilità professionale, si verifica non solo nei confronti dei medici alle sue dipendenze.
Con sentenza n. 1043 del 17/01/2019, la Cassazione ha precisato che tale copertura sussiste anche quando i medici collaborino con la struttura in maniera occasionale e indipendente.
Ulteriore precedente di riferimento sul tema, è la nota Cass. n. 28987/2019, la quale ripercorrendo l’evoluzione della giurisprudenza ha posto dei punti fermi sulla ripartizione degli oneri risarcitori tra il sanitario e la struttura in caso di responsabilità per l’errore del medico. Pertanto, il danno da malpratice è “ripartito tra struttura e sanitario, anche in ipotesi di colpa esclusiva di quest’ultimo”. Ratio giustificatrice di tale approccio è garantire al paziente il pieno risarcimento del danno, potendosi rivalere integralmente sulla sola struttura sanitaria - presumibilmente debitore più facilmente escutibile- in quanto debitrice in solido con il medico.