L'Omesso esame di istanze del contribuente: regresso del giudizio
Secondo la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, l'erroneo omesso esame di istanze del contribuente non è motivo di regresso del giudizio dal secondo al primo grado.
Con sentenza 2965/2023 depositata il 18/05/23 la Corte di Giustizia ha statuito il principio di diritto in base al quale, in caso di mancato esame in primo grado di una istanza dell'Avvocato per la partecipazione all'udienza da remoto o in presenza, "non costituisce motivo di regresso del procedimento e resta assorbita dall'effetto devolutivo dell'appello, in forza del quale il giudice di secondo grado è chiamato al riesame della causa nel merito".
Tale scelta è di gran lunga censurabile per molte ragioni.
Innanzitutto il nostro ordinamento è stato pensato ed ordinato di modo tale da avere due gradi di giudizio nel merito, tant'è che l'istituto del "regresso" e del "rinvio" (in Cassazione) sono lo strumento nella disponibilità del Giudice per operare i dovuti rimandi.
La previsione dei due gradi di giudizio nel merito non è materia disponibile, non rappresenta un fatto discutibile, non è argomento trattabile. Il contribuente ha a disposizione 2 gradi di giudizio di merito, qualunque fatto sia da giudicare.
La grave omissione, che segna con superficialità una sentenza di primo grado, di mancata lettura di una istanza legittimamente presentata dal sottoscritto difensore prima dell'udienza, ed il successivo "avallo" del Giudice d'Appello, ancora una volta mostrano l'estrainetà della magistratura tributaria ai problemi reali dei contribuenti, e la vicinanza a scelte indirizzate verso la pubblica amministrazione.
Invero così facendo il giudice d'appello ha sottratto un grado di giudizio al contribuente, che ora non può più fare nulla se non ricorso per Cassazione, con evidente aggravio di costi e tempi.
Il giudice determina l'ammontare della sanzione?
Che la Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio - Roma è errata, infine, non abbiamo grossi dubbi.
Si pensi che il collegio Giudicante, dopo aver annullato le sanzioni come determinate dall'ente comunale, scrive testualmente che: "deve intendersi determinata...una sanzione unica pari al triplo di quella irrogata negli avvisi per una singola annualità", valicando i limiti della domanda del ricorrente, ed infrangendo il limite della discrezionalità amministrativa.
Da una parte il contribuente, mediante il sottoscritto Avvocato, non aveva in alcun modo chiesto la determinazione della sanzione, in quanto non spetta al Giudice.
Quest'ultimo può essere unicamente chiamato ad annullare il provvedimento tributario e non a determinarlo, soprattutto nel suo ammontare in positivo.
Dall'altra parte, la separazione dei poteri raggiunta qualche secolo fà dovrebbe ricordare a magistrati e pubblica amministrazione, che vi sono precisi confini e spazi di competenza. Pertanto, il Giudice non può determinare la sanzione. Egli avrebbe dovuto indicare il parametro (forbice di applicazione di una sanzione dal doppio al triplo), non l'esatta indicazione.